
Nel deserto di Atacama ho trovato… la mia vecchia maglietta blu
Care ragazze e cari ragazzi di Ventitrenta,
volevo lasciarvi in pace sul vostro divano, e invece anche stavolta dobbiamo partire. Dove si va? Dall’altra parte del mondo, in America Meridionale. Devo essere più precisa, vero? Guardate la cartina: in quella zona dipinta di marrone fra Cile, Perù e Bolivia, che corrisponde al deserto di Atacama. È lì che siamo diretti.

Che cosa c’è in un deserto?
Voi cosa vi aspettate di trovare in un deserto? Provate a dire, io prendo nota.
- SABBIA: giusto, spesso è così, per esempio nel deserto di Atacama ci sono dune di sabbia
- ROCCE: sì, ci sono anche le rocce
- CALDO: esatto, di giorno c’è caldissimo (poi di notte la temperatura scende e fa freddissimo, come in molti altri deserti), niente vie di mezzo
- CACTUS: sì, giusto, infatti queste piante sopravvivono anche con pochissima acqua perché la accumulano nelle foglie grasse e la usano un po’ per volta
- QUALCHE ANIMALE: sì, ci sono vigogne e guanachi (simili ai lama, vedi foto sotto), serpenti, lucertole, uccelli, la volpe grigia…
Direi che è giunto il momento di verificare con i vostri occhi. Ecco a voi il deserto di Atacama.



Oltre a sabbia e rocce, qui ci sono laghetti di colori spettacolari che poi si asciugano e diventano tutti bianchi di sale. E quelle montagne innevate che vedete dietro sono le Ande.
Una meraviglia, insomma. E infatti l’Unesco, che non si fa sfuggire nulla, ha dichiarato il deserto di Atacama Patrimonio mondiale dell’Umanità.
In questo articolo leggerai:
- Una montagna di vestiti
- C’era una volta una maglietta blu
- Che cos’è la moda “usa e getta”?
- Come smaltire i vestiti di Atacama?
- Che cosa possiamo fare noi?
Che cos’è quella duna tutta colorata?
Ma torniamo a noi. Avete indovinato tutto: sabbia rocce caldo cactus… però nel deserto di Atacama c’è anche qualcosa che sicuramente non vi aspettate di trovare. VESTITI. Vestiti??
Giratevi, spostate lo sguardo a destra, ed ecco, ve lo trovate davanti. Un mucchio gigantesco di vestiti: jeans, magliette, maglioni. A un primo sguardo sembrano rifiuti. E infatti sono rifiuti. Eppure se vi avvicinate vedrete che molti sono vestiti praticamente nuovi, ancora avvolti nel sacchetto di plastica originale. Da dove vengono? Quanti sono? E come sono arrivati fino qui? Ve lo racconto con una storia.

Piccola storia di una maglietta blu
Maglietta Blu è nata nel lontano Bangladesh dalle mani di una donna stanchissima, dopo troppe ore di lavoro. L’ultima cucitura gliel’ha data una ragazzina della tua età. Anche lei era stanchissima e non è andata ben dritta. Ma non ci ha pensato nemmeno per un secondo a dire che aveva fatto un pasticcio… non si poteva mai sapere come andava a finire quando combinavi un guaio!
Così, in mezzo a mille e mille altre magliette uguali a lei (tranne che per quella cucitura), dopo un lungo viaggio Maglietta Blu è finita qui da noi, in un grande negozio luminoso. Poi sono arrivata io: ci siamo guardate e ci siamo piaciute subito. Per fortuna costava poco, così me la sono portata a casa senza pensarci troppo.
Quando, il giorno dopo, l’ho indossata, ho visto che era tutta storta. Così l’ho riportata al negozio e l’ho cambiata con un’altra maglietta blu, uguale ma con la cucitura dritta. “Che fortuna” pensava Maglietta Blu, che voleva solo stare insieme alle sue sorelle. Passa un mesetto e la seconda maglietta blu, che ormai non era più blu ma pallida pallida, finisce in fondo al cassetto delle magliette, e da lì nella raccolta dei vestiti usati di un altro negozio.
Qualche tempo dopo, insieme ad altri vestiti che nessuno si era portato a casa, Maglietta Blu si è ritrovata su un camion che andava veloce ma non arrivava mai. Passano le ore e i giorni… strada-strada-strada-mare-mare-mare-ancora strada ed eccoli arrivati in Cile! Ad aspettarli c’era un gruppo di camion tutti pieni di vestiti, nuovi e usati; chi veniva dall’Europa, chi dagli Stati Uniti.
Chi si offriva volontario per andare nei negozi e nei mercati di tutta l’America del Sud per essere venduto? Moltissimi alzarono la mano. Erano decisamente troppi! Fu così che alcuni camion, che non vedevano l’ora di tornare a casa, ripartirono per il deserto di Atacama, dove scaricarono magliette, jeans, cappelli e gonne, senza complimenti in mezzo alla sabbia. 39.000 tonnellate di vestiti in tutto.
Fra cui la mia maglietta blu, che mi è proprio sembrato di vedere, laggiù in fondo. La riconosco dalla cucitura 🙂 Mi piacerebbe sapere se c’è anche la seconda maglietta, ma proprio non saprei come identificarla.

La moda “usa e getta” o fast fashion
Tutti noi acquistiamo abiti a prezzi molto convenienti (e chi non lo farebbe!). Ma vi siete mai chiesti perché costano così poco?
- Spesso sono fatti con materiali meno resistenti, quindi durano meno e diventano presto spazzatura: è la moda “usa e getta” o, all’inglese, fast fashion.
- Gli abiti della fast fashion costano poco anche perché spesso le persone che li producono vengono pagate poco e fatte lavorare molto, come accade alla donna stanchissima della maglietta blu; o addirittura sono minorenni, come la ragazzina della cucitura storta.
- Visto che produrre questi vestiti costa poco, se ne fanno in abbondanza. E quelli che rimangono… finiscono ad Atacama, ammucchiati gli uni sugli altri.
Che cosa combinano i vestiti ammassati fra le dune?
Questi jeans, magliette, cappelli sono rifiuti non biodegradabili, cioè non si scompongono in elementi naturali che poi vengono riassorbiti dalla terra, perché contengono sostanze chimiche. E infatti non sono accettati nelle discariche.
Per toglierseli di torno, la gente del posto li ha sepolti sottoterra o nella sabbia, ma in questo modo ha inquinato il suolo. Oppure li ha bruciati, liberando nell’aria gas nocivi per la salute di persone, animali e ambiente.
Un abito impiega circa 200 anni (!!!) per scomparire, questa è la verità. Non si può cancellarlo da un giorno all’altro come se non fosse mai esistito.
Riciclare, informare: due iniziative per il bene del deserto
Per fortuna, come in tutto il mondo, anche nel deserto di Atacama ci sono persone senza scrupoli come quelle che scaricano i rifiuti, ma anche uomini e donne che si fanno in quattro per risolvere il problema.
Per esempio l’azienda EcoFibra Chile porta via dal deserto i vestiti e li ricicla per creare pannelli ecologici in grado di isolare dal calore/freddo e dai rumori.
Anche l’ong Desierto Vestido promuove il riciclo dei vecchi abiti e sta spargendo la voce per far conoscere a tutto il mondo ciò che accade nel deserto di Atacama. Perché, in fondo, la montagna di vestiti è un problema che riguarda tutti, ovunque.

Che cosa possiamo fare noi?
Come abbiamo ormai capito, sul nostro Pianeta è tutto collegato. Se faccio un gesto qui, nella mia casa, ci possono essere delle conseguenze dall’altra parte del mondo. Con questa faccenda delle montagne di vestiti in Cile, in effetti, c’entriamo anche noi. Ogni volta che compriamo qualcosa da metterci… così tanto per fare, perché costa poco, e poi magari non lo mettiamo mai e lo buttiamo presto, entriamo nel meccanismo della moda “usa e getta”.
Come raccomanda il fondatore di Ecofibra Chile,
NO compres si no lo necesitas, RE-USA, RE-PARA y por último RE-CICLA para que el planeta pueda RE-SPIRAR.
Ve l’ho lasciato in spagnolo perché si capisce ed è bellissimo, non trovate?
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Bellissimo articolo grazie per la raccomandazione in spagnolo