
Giorno della Memoria: conoscere per non dimenticare
Quando ti devi ricordare di qualcosa, che cosa fai? Sei di quelli che se lo scrivono sulla mano? O attacchi un post-it sulla porta? Oppure ti metti una sveglia sul telefonino?
Ecco, c’è un artista che si è inventato un modo tutto suo per ricordarci una cosa che non dobbiamo assolutamente dimenticare: ha incastrato nelle strade di città e paesini di tutta Europa le “pietre d’inciampo“. L’idea è quella che inciampi nella pietra, la guardi e ti fermi a pensare. In realtà non inciampi veramente, ma comunque ti fermi, perché quelle pietre sono dorate e si vedono benissimo in mezzo a tutte le altre. Se ne incontri una, osservala: ci sono scritti sopra un nome, un cognome, dei luoghi e delle date.


Le pietre d’inciampo e l’artista Gunter Demnig
Che cosa ci vogliono ricordare? È una storia molto, molto brutta, che riguarda persone considerate “diverse”. Se è brutta, dirai, perché me la racconti? E perché questo artista fa di tutto per richiamarla alla memoria? Ti rispondo con un esempio. Immagina una strada che porta in un luogo da incubo, infernale: se non la conosci, la puoi imboccare per sbaglio e finire in quel luogo. Ma se la conosci e hai visto dove conduce, farai di tutto per evitarla. Giusto?
Ecco perché oggi, 27 gennaio, è il Giorno della Memoria, perché nessuno dimentichi ciò che è accaduto agli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. La chiamano Shoah, che in ebraico vuol dire “tempesta devastante”, perché è stata come un vento che ha spazzato via milioni di persone. È una storia terribile, ma dobbiamo conoscerla. Per fare in modo che non si ripeta MAI PIÙ.
Una storia di crudeltà e di follia
La storia comincia subito male. Andiamo indietro nel tempo, intorno al 1935. In Italia comanda un dittatore, uno che decide da solo quello che si deve e non si deve fare: chi non è d’accordo o sta zitto, o finisce nei guai. Non c’è molto da discutere. Insomma, non c’è affatto una bella atmosfera. Ma le cose peggiorano rapidamente quando il dittatore italiano, Mussolini, diventa amico del dittatore tedesco, Hitler, un tizio completamente pazzo con due baffetti neri.
Hitler si era messo in testa che gli uomini e le donne biondi e alti erano i migliori ed erano destinati a dominare il mondo. Non sto scherzando, è vero! Diceva anche che certi tipi di persone erano inferiori, e tutto quello che andava storto era colpa loro, quindi bisognava metterle da parte, magari cancellarle come un disegno a matita. Chi erano queste persone? Prima di tutto gli ebrei, ma anche i rom, gli omosessuali e i disabili. Presto anche Mussolini comincia a dire che esiste una pura razza italiana e tutti gli altri, dagli africani agli ebrei, non si devono mescolare con questa razza. Perché li considera “diversi”. È quello che chiamiamo razzismo.
Le leggi contro gli ebrei
Nel 1938 in Italia vengono approvate le leggi contro gli ebrei. Che cosa vuol dire questo? Immagina per un attimo di essere un ragazzino o una ragazzina ebrea in quel momento: la tua vita cambia completamente. Da un giorno all’altro non puoi più andare a scuola. Non hai nemmeno salutato i tuoi compagni, i prof o la maestra. Basta. Ci sono scuole speciali per ebrei e tu dovrai frequentare una di quelle.
Ma c’erano tantissime altre cose vietate agli ebrei. Per esempio:
- lavorare in uffici pubblici (come il Comune)
- fare gli architetti, gli avvocati, i giornalisti, gli ingegneri, gli ottici, i tassisti, i veterinari, gli attori, i musicisti e tanti altri mestieri
- avere scuole di ballo
- fare i portinai
- vendere i giocattoli
- andare in vacanza
- far parte di società sportive
Ho elencato solo alcuni di questi assurdi divieti per darti un’idea, ma la lista è lunga, lunghissima. E folle. In pratica, se eri ebreo non potevi fare nulla. Venivi emarginato, cioè escluso dalla vita sociale.
E questo era solo l’inizio: durante la guerra gli ebrei (e gli altri “diversi”) venivano arrestati, caricati su treni e mandati nei campi di concentramento di Hitler. Lì venivano separati dai familiari, da tutte le loro cose, persino dal loro nome: ricevano un’uniforme a righe e un numero, e quello diventava il loro nome. Moltissimi morirono o furono uccisi.
Torniamo all’inizio: le pietre d’inciampo e il Giorno della Memoria
Adesso che sai la storia, torniamo alle nostre pietre d’inciampo: ogni pietra segnala la casa di un ebreo, o uno che non obbediva alla dittatura. È come dire: qui un tempo abitava una persona, in questa casa c’erano le sue cose, i suoi affetti. Quella persona è stata presa e portata via, all’improvviso. Ma oggi su questa pietra puoi vedere come si chiamava, dove è stata portata. Sai che c’era, anche se qualcuno ha tentato di cancellarla.
E torniamo al Giorno della Memoria: come mai è stato scelto il 27 gennaio? Perché quel giorno i soldati che combattevano contro Hitler hanno liberato tutti i prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz, di cui forse hai sentito parlare. Perché il 27 gennaio 1945 segna la fine di questa terribile storia.
L’uguaglianza nella nostra Costituzione
Se ripercorriamo le vicende che ti ho raccontato, vedremo che, uno dopo l’altro, gli ebrei sono stati privati di tutti i diritti umani: la libertà, il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, la vita. L’articolo 3 della nostra Costituzione, che è stata scritta subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, voleva evitare assolutamente questi orrori:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Verso il futuro: l’Agenda 2030
Purtroppo, nella storia, gli ebrei non sono stati l’unico popolo perseguitato. Anzi, i casi sono numerosi nel passato e nel presente. Per combattere tutto questo non ci resta che conoscere, continuare a raccontare.
e camminare decisi verso un futuro diverso.
È in questa direzione che va anche l‘Agenda 2030 dell’ONU, quando si prefigge l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze e nello stesso tempo rispettare e coltivare tutte le diversità.
Come succede in una classe: ognuno di voi è unico, speciale; e tutti siete ugualmente importanti, ciascuno a modo suo. Nessuno deve essere lasciato indietro, perché senza di lui mancherebbe qualcosa di insostituibile.
Noi non vogliamo essere tutti uguali COSÌ
Noi vogliamo essere tutti uguali COSÌ
La diversità è ricchezza: un mondo di tanti colori è un mondo di scambi, di gioia. Un mondo dove si incontrano persone provenienti da Paesi diversi, dove si possono condividere scoperte e tradizioni, è un mondo pieno di risorse e di energia. Non dimenticarlo mai.
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Sono Jacopo e vi ringrazio perché sapevo poco o nulla del giorno della memoria e delle pietre d’inciampo. Il nonno mi dice però che i campi per gli ebrei erano di sterminio, quelli di concentramento erano per i militari italiani e altri prigionieri
Ciao Jacopo, grazie! E grazie anche al nonno, a noi piacciono i lettori attenti! Di fatto è vero quello che dice, ma i campi di sterminio sono nati in un secondo momento, all’inizio erano tutti campi di concentramento. Però l’argomento è meno semplice di quanto sembra: ho chiesto aiuto alla nostra amica Patrizia, studiosa di questo argomento, e vi saprò spiegare meglio nel dettaglio!
Rieccoci, Jacopo. La tua domanda ci ha fatto scoprire molte cose. Qui riassumo per rispondere alla tua domanda.
La destinazione FINALE per gli ebrei erano (come dice il nonno) i campi di sterminio, campi cioè in cui si veniva uccisi. Ma prima di arrivarci, venivano mandati in campi di lavoro o in campi di concentramento.
I campi erano reti di migliaia di campi in cui finirono le persone considerate scomode o inferiori dai nazisti e dai loro alleati (o meglio, complici). Quello che noi chiamiamo “Auschwitz”, per esempio, era un sistema di campi. I campi principali erano tre: Auschwitz (campo di concentramento), Monowitz (campo di lavoro), Birkenau (campo di sterminio). Poi c’erano decine e decine di sottocampi. Ad Auschwitz vennero deportati soprattutto ebrei ma non solo.
Mio bisnonno era un partigiano carcerato, è riuscito a scappare per un pelo, gli avevano colpito gamba e braccia con un proiettile. Doveva tornare in Italia ma lui era in Germania, è sopravvissuto mangiando le bucce delle patate che i tedeschi non mangiavano.
Grazie della tua testimonianza, Yago. Anche il mio prozio è stato deportato in Germania e, come il tuo bisnonno, si è salvato grazie alle bucce di patata. Me lo raccontava sempre quando ero bambina e a me sembrava impossibile…