“Ragazze, potete fare tutto”: parola di Diana Trujillo, che è arrivata fino a… Marte!

“Ragazze, potete fare tutto”: parola di Diana Trujillo, che è arrivata fino a… Marte!

25 Febbraio 2021 0 Di Micaela

Colombia, Sudamerica, 1993

L’aria è fresca, c’è profumo di erba bagnata. E silenzio, solo il cri-cri di un grillo di tanto in tanto. In alto, sopra la città di Calì addormentata, quel blu infinito punteggiato di miliardi di piccole luci. La falce perfetta della luna. Che pace lassù. Niente litigi, urla. Il caos della città, gli scontri tra le bande della droga, la paura di uscire per strada sono scomparse. Tutto, semplicemente, funziona.

“È quello il mio posto”
pensa una ragazzina di nome Diana.

Stati Uniti, centro NASA, 18 febbraio 2021

“È questo il mio posto” pensa Diana, gli occhi incollati su uno schermo gigantesco dove scorrono in diretta (o quasi) le immagini dell’atterraggio del rover Perseverance su Marte. Diana è una donna ora, e indossa la divisa blu della NASA con tutto l’orgoglio della prima immigrata ispanica che è riuscita a entrare nel programma dell’agenzia spaziale statunitense. 
Anche ora c’è silenzio, un silenzio carico di attesa. Anni di lavoro durissimo per mettere a punto quel robottino, che ha viaggiato per 7 mesi nello spazio profondo chiuso in un guscio… e ora tutto si gioca in quei 7 minuti di “terrore”, da quando Perseverance entra nell’atmosfera di Marte a quando toccherà il suolo del pianeta. Si può solo aspettare: Marte è troppo lontano per poter guidare il rover in tempo reale dalla Terra. Anche le immagini sullo schermo, in realtà, arrivano “in ritardo” di 12 minuti. 
Intanto il suolo del Pianeta rosso si avvicina sempre di più…

Il rover Perseverance mentre sta atterrando su Marte ©NASA/JPL-Caltech

E poi finalmente, l’annuncio:

Touchdown confirmed,
atterraggio confermato”.

Scoppia l’applauso liberatorio, gli uomini e le donne della NASA esultano, si abbracciano. 
E per la prima volta nella storia della NASA l’atterraggio non viene trasmesso solo in inglese ma anche in spagnolo: è proprio Diana, orgogliosamente, a raccontarlo in diretta nella sua lingua a tutte le abuelas (le nonne), le mamme e i papà, e le ragazzine sudamericane che, come la Diana di tanti anni prima, guardano il cielo stellato immaginando la vita che vogliono vivere.
È soprattutto a loro che Diana vuole dirlo:

Sì, ragazze, è possibile realizzare i propri sogni

Diana Trujillo, nel riquadro in basso, esulta durante la diretta in spagnolo per il successo della missione ©NASA

Vuoi conoscere meglio Diana e la missione Mars 2020?

Dalla Colombia alla NASA

Da piccola le donne della famiglia la chiamavano Lady Diana, come la bella e giovane principessa dell’Inghilterra. Era un augurio, la speranza che quella ragazzina fosse destinata a qualcosa di meglio di quello che avevano avuto loro. Tre generazioni di donne, bisnonna, nonna, mamma, che avevano lavorato per costruire una famiglia e che erano state abbandonate dai loro uomini, senza niente. 
Sapete invece come la chiamavano gli uomini della sua famiglia? Altanera, cioè “arrogante”, “irrispettosa”, perché diceva la sua, perché si ribellava se alzavano le mani, non accettava di sottomettersi e basta, come se loro fossero i padroni. Insomma, quella ragazzina proprio non voleva vestire i panni della “brava ragazza colombiana” che pensa solo a sposarsi e fare la moglie che LORO volevano cucirle addosso. 

Verso il sogno americano

Un giorno, quando ha 17 anni, mentre cerca un po’ di pace contemplando il cielo notturno, Diana capisce che deve cambiare rotta alla sua vita. Non sa bene come, ma sa che deve esserci di meglio. E che, soprattutto, STA A LEI DECIDERE. E così, con 300 dollari in tasca e senza spiccicare una sola parola di inglese, vola negli Stati Uniti. E si rimbocca le maniche: impara l’inglese, frequenta il college e intanto lavora per mantenersi. Arrivata all’università, sceglie Ingegneria: le sembra di sentire la voce di suo padre: “Altanera! L’ingegneria è una cosa da uomini”, ma lei sa che ha le capacità per farcela. Ancora, però, non ha le idee chiare su che cosa diventerà.

Principessa… dello spazio

E poi l’illuminazione: legge su una rivista un articolo sulle donne astronaute. Forse ripensa a quel cielo perfetto, in pace. Sa di essere bravissima in matematica. Non sarà una principessa della terra, sarà una principessa dello spazio: combattiva e determinata come la principessa Leila di Star Wars.  
Ed è così brava che è la prima immigrata sudamericana a entrare nel programma dell’Accademia della NASA e, finito l’anno, la NASA le offre un lavoro: al Jet Propulsion Laboratory, dove si progettano e si costruiscono i veicoli spaziali che funzionano senza equipaggio umano a bordo.

Alla NASA: Curiosity e Perseverance alla ricerca di vita su Marte

Diana entra nel programma MARS, dedicato all’esplorazione del Pianete rosso. Perché la NASA ha deciso di esplorare proprio Marte? Perché è il pianeta del sistema solare più accessibile per l’uomo: “accessibile” si fa per dire, se pensi che è lontano 500 milioni di chilometriPerseverance ci ha messo 7 mesi a raggiungerlo! E poi c’è un’atmosfera sottilissima, per cui il calore del sole si disperde subito: la temperatura media è di -62 °C… E, una volta lì, respireresti solo anidride carbonica.
Ecco perché, per ora, ci abbiamo mandato solo dei ROVER, cioè dei veicoli capaci di muoversi per esplorare il pianeta. Sono robottini con ruote che gli permettono di rimanere stabili su terreni accidentati e pieni di ostacoli (infatti vanno moooooolto piano), e soprattutto hanno delle telecamere e degli strumenti scientifici per raccogliere dati da inviare sulla Terra.
Ma, di preciso, che cosa cerchiamo? 
• prima di tutto vogliamo scoprire se su Marte in passato c’è stata la vita  
• e poi vogliamo raccogliere informazioni per preparare una futura esplorazione… dell’uomo!

Sai perché Marte
è chiamato Pianeta rosso?  

Perché molte delle sue rocce sono ricche di ferro, che esposto all’aria si ossida, diventando rosso (come succede anche sulla Terra se lasci un oggetto di metallo all’aria aperta per lungo tempo). La polvere di quelle rocce, alzandosi, colora l’atmosfera del Pianeta, che da lontano appare quindi rosso. Ma da vicino… non lo è affatto! Il suolo di Marte va dal giallo, al marrone, al verdastro.

Il rover Curiosity: una curiosità… senza fine

Dal 2014 Diana è diventata capo-missione di Curiosity. Curiosity è atterrato su Marte nel 2012: non è stato il primo rover in assoluto sul Pianeta rosso, ma è stato il primo di grandi dimensioni (è lungo 3 metri e pesa 900 kg) e quello con a bordo gli strumenti scientifici più avanzati.
Pensa che la missione doveva durare 1 anno marziano, cioè 2 anni terrestri: Marte infatti ci mette 687 giorni a girare intorno al Sole (contro i 365 della Terra). E invece Curiosity ha stupito tutti perché… funziona ancora oggi, e continua a inviare immagini sulla Terra!

Un selfie del rover Curiosity ©NASA

Mars 2020: ora tocca a Perseverance

Nella missione che ha appena portato Perseverance su Marte, Diana si è occupata sia della missione di volo vera e propria, sia del braccio robotico, che raccoglie i campioni di rocce e terreno: dobbiamo pensarlo un po’ come se fosse la nostra mano, che allunghiamo per raccogliere qualcosa da terra e portarlo vicino agli occhi per osservarlo meglio. 
Perseverance è “figlio” di Curiosity perché è simile nella struttura; sono stati solo perfezionati degli elementi, come i sensori o le ruote. Ma ha degli obiettivi molto più ambiziosi: 
• ha a bordo un piccolo droneIngenuity, per fare il primo esperimento di volo su un altro pianeta, che potrebbe servire per le future missioni
• ha al suo interno 43 provette per raccogliere dei campioni di roccia… e fin qui niente di nuovo. La novità è che questa volta la NASA non si accontenta di ricevere dei dati: quei campioni li vorrebbe portare a casa, sulla Terra. Perseverance li immagazzinerà nella sua pancia, e poi li lascerà in un luogo ancora da decidere (le provette sono progettate per durare 20 anni su Marte), in attesa che una missione futura li recuperi
• infine c’è Moxie, uno strumento particolare che proverà a produrre ossigeno dall’atmosfera di Marte, che è al 96% formata da anidride carbonica… se l’uomo vorrà esplorare il Pianete rosso, ne avrà bisogno!

Il cratere Jezero: c’è vita qui?

Vuoi sapere dove è atterrato Perseverance? Guarda:

©NASA/JPL-Caltech/University of Arizona

Lo vedi quel puntolino verde? È quello il luogo scelto per l’atterraggio: un cratere chiamato Jezero, cioè “lago”. Gli scienziati pensano che un tempo qui ci fosse un fiume che si gettava in un lago. Forse hai già studiato a scuola che le prime forme di vita sulla Terra sono comparse nell’acqua: ecco, se su Marte ci sono davvero tracce di vita passata, questo allora potrebbe essere il luogo giusto per trovarle!

Immagini e suoni dal Pianeta rosso

In questo momento Perseverance si sta ambientando nella sua nuova casa. Ecco il primo sguardo “a colori” che ci ha mandato:

©NASA/JPL-Caltech

E ora chiudi gli occhi, alza al massimo il volume, e ascolta bene:

Hai sentito? È il VENTO su Marte. Fa un effetto strano ascoltare un rumore così “normale” su un pianeta così diverso dal nostro… lo fa sentire più vicino, vero?

Il messaggio di Diana: “Ragazze, credete in voi stesse e seguite i vostri sogni”

Verrebbe facile, parlando di Diana, dire che ha “lottato contro molti ostacoli”, ma sono sicura che lei non userebbe queste parole. Quando racconta della sua infanzia in Colombia (dove c’era molta violenza a causa delle guerre tra i gruppi che controllavano la droga) e dei suoi primi anni negli Stati Uniti, sì, dice che ha lavorato duramente, ma non si ritiene “sfortunata”.
Ci sono delle situazioni in cui per vari motivi ci ritroviamo, dice Diana, e non serve confrontarsi con gli altri per esultare se si ha di più o lamentarsi se si ha di meno: tu devi andare avanti con quello che hai, e cercare di trasformarlo in un’opportunità, nella “possibilità” di fare qualcos’altro. E poi, individuato un obiettivo, via, a testa bassa. Determinazione, forza di non mollare: in una parola, “perseveranza”… ti ricorda qualcosa?

Più donne negli STEM!

Secondo Diana, per esempio, essere un’immigrata proveniente da un Paese “povero” è ciò che l’ha resa così creativa: una persona che ha pochi mezzi deve ingegnarsi, cercare di trovare delle soluzioni, non può dare nulla per scontato.
Crescere in una famiglia dove le donne sono state sempre considerate inferiori agli uomini, le ha fatto capire la forza che hanno le donne e le ha mostrato l’importanza di sostenersi a vicenda, insegnandole il valore del lavoro di squadra.
Quando qualcuno le dice che fare l’ingegnere è un lavoro da uomini… semplicemente si mette a ridere! Però sa che il mondo delle cosiddette discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) in gran parte è ancora “maschile”, proprio a causa di pregiudizi nei confronti delle donne. 
Per questo Diana parla spesso alle ragazze e quello che non si stanca mai di ripetere è: 

Ragazze, sta a voi, e a nessun altro, decidere chi volete essere.

Obiettivo dell’Agenda 2030 collegato: Obiettivo 5 – Parità di genere

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