Niente Olimpiadi: il marito ha detto “no”. Lottare oggi per i diritti delle donne

Niente Olimpiadi: il marito ha detto “no”. Lottare oggi per i diritti delle donne

22 Febbraio 2021 0 Di Giorgia

Immagina di essere un atleta di qualsiasi tipo, un calciatore, una pallavolista, un pattinatore, una sciatrice. Oggi è un giorno eccezionale: tu e la tua squadra dovete partire per un Paese straniero dove parteciperete… alle Olimpiadi! Sono mesi che vi allenate ore e ore al giorno, ti senti pronto ma l’emozione si mescola alla paura e un gran batticuore ti sconquassa dalla testa ai piedi. Appena arrivi all’aeroporto, vedi i tuoi compagni o le tue compagne, e ti senti già meglio. Ma manca qualcosa…
Ecco cos’è: lo sguardo del tuo allenatore o della tua allenatrice, che come una magia ti ricorda sempre cosa fare e ti mette tutto in pace dentro. A proposito… Non fai in tempo a chiederti dove sia, che un tizio con la vostra divisa (non è una faccia nuova, ma chi è? boh!) dice: “Ragazzi, ragazze, vi accompagnerò io, il vostro allenatore/la vostra allenatrice non c’è”.

La storia di Samira Garzari

È quello che è successo qualche giorno fa alle quattro ragazze della nazionale femminile di sci dell’Iran. Samira Zargari, l’allenatrice, non è potuta partire con loro per le Olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo. Perché? Perché aveva il Covid? Ha perso il passaporto? Si è rotta una gamba? Non le è suonata la sveglia? Niente di tutto questo. Il motivo per cui alla mattina non si è presentata all’aeroporto è che suo marito ha detto NO, TU NON PARTI.
Ma lei non poteva ignorarlo? Non poteva prendere l’aereo e farsi le sue Olimpiadi? No, non poteva, perché le leggi dell’Iran stabiliscono che una donna

  • per avere il passaporto, deve chiedere l’autorizzazione al marito
  • ogni volta che va all’estero, deve avere il permesso del marito; senza la sua firma, in aereo non si sale.

La Federazione Sci dell’Iran ha provato a convincere il marito di Samira: niente da fare. Lo so, non è una storia allegra. Ma ho due buoni motivi per raccontartela:

  1. perché dimostra che ancora oggi nel mondo l’uguaglianza fra uomini e donne, o parità di genere, molto spesso non è una realtà, ma un sogno ancora da realizzare (anche da noi, dove le cose vanno molto meglio, c’è ancora tanto da fare, vedi Agenda 2030, Obiettivo 5);
  2. perché spero che questo sia il primo capitolo di una storia più lunga che finirà bene, cioè con l’abolizione di queste leggi assurde, in Iran e non solo in Iran.

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Forough Abbasi, una delle atlete, racconta di Samira

Come continua la storia? Le ragazze arrivano a Cortina e gareggiano. Forough non passa la prima fase e viene eliminata. Chissà se con la pacca di incoraggiamento o i consigli dell’ultimo momento di Samira sarebbe andata diversamente…
Ma lei deve combattere un’altra battaglia, lì a Cortina: appena arriva in fondo al suo slalom gigante, racconta ai giornalisti ciò che è accaduto alla sua allenatrice: “Non è la prima volta che succede, abbiamo già avuto questo problema. Ma spero che queste regole cambino”. E continua:

Spero che noi donne iraniane, tutte insieme, ce la faremo. Ci stiamo provando. E quando succederà, sarà motivo di orgoglio per noi. Non credo che andrò via dall’Iran, voglio rimanere per cambiare le cose.

Le donne in Iran

Forough Abbasi spiega che nella vita quotidiana le donne iraniane sono abbastanza libere, molte viaggiano senza problemi e non tutti i mariti (per fortuna) sono uguali; anche se, per fare due esempi, sono costrette a indossare un velo che copra la testa e, soprattutto, spesso non riescono ad avere un lavoro. Anche Samira è andata varie volte all’estero, è una donna moderna che non sembra certo sottomessa al marito.
Eppure le leggi dicono cose diverse. E finché le leggi non proteggono le persone, non c’è vera libertà. Non si deve assolutamente stare zitti, sostiene Forough, è necessario far sentire la propria voce.

La cosa assurda, in tutto questo, è che il marito di Samira non è nemmeno iraniano: è di origine turca ed è cresciuto negli Stati Uniti; quindi non ha scuse: non è una persona che non ha avuto occasione di conoscere il mondo, di aprire la mente…

Il caso di Niloufar Ardalan: una storia come quella di Samira, ma con il lieto fine

Un altro caso molto simile a quello di Samira è quello di Niloufar Ardalan, un’altra iraniana capitana della nazionale femminile di calcetto, bloccata dal marito cinque anni fa il giorno prima della partenza per i Mondiali, che si tenevano in Guatemala. Quella volta, però, le cose sono andate diversamente: ci sono state proteste così decise e forti che, nonostante le leggi, un giudice ha annullato il NO del marito.
Allora Forough ha ragione: le donne iraniane riusciranno a far eliminare questa legge, come sono riuscite due anni fa le donne in Arabia Saudita.

Nuova legge a Gaza: donne all’estero solo con il permesso di un uomo

Pochi giorni fa, proprio mentre Samira è stata bloccata in Iran, nella Striscia di Gaza (territorio palestinese) è stata approvata questa norma: per uscire dalla Striscia di Gaza una donna deve avere un permesso ufficiale firmato da un tutore maschio. che può essere il padre, un fratello, il marito. Come se una femmina avesse bisogno di un “tutore”, cioè di qualcuno che la guida…

Le donne palestinesi si ribellano

Davanti al Parlamento palestinese, però, si è subito radunata una folla rumorosa che protestava. Non c’erano solo donne, ma anche uomini, attivisti per i diritti umani, giornalisti. La gente si rifiuta di accettare questa regola che, dicono a Gaza, non ha più senso ai nostri tempi, “sarebbe come tornare indietro 60 anni”. La libertà di spostarsi è un diritto di ogni uomo e di ogni donna, nessuno escluso.
Il giorno dopo la manifestazione il capo dell’Alta corte islamica, l’istituzione che ha approvato la regola, ha detto: «Abbiamo deciso di correggere la legge». Quando? Come? Questo non l’ha detto… Vediamo cosa succede nei prossimi giorni, ma c’è una speranza che questa storia finisca bene.

Sicuramente ci insegna una cosa:

nessuno può toglierci i nostri diritti di esseri umani, e se qualcuno tenta di farlo abbiamo il dovere di difenderli. Per noi stessi e per tutti gli altri. Solo così si migliora il mondo, si cresce come persone.