Gli unicorni esistono: vivono tra i ghiacci polari

Gli unicorni esistono: vivono tra i ghiacci polari

6 Maggio 2021 0 Di Micaela

Ciao ragazze, ciao ragazzi, vi va di cominciare con un gioco? È una specie di REBUS, ma senza le parole.
Per prima cosa, vi do 4 elementi, guardateli bene:

© Shutterstock

Quindi, ricapitolando, abbiamo: 
1. un beluga (ma se avete detto delfino va bene lo stesso, sono comunque parenti)
2. un unicorno
3. un albero
4. una macchina del tempo

Ora, prendete questi elementi e mischiateli insieme: che cosa ottenete?
Vi do 15 secondi per pensarci… via!

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Tic…tic…tic…tic… TEMPO SCADUTO!
Allora? Tra i sussurri e i mormorii mi è sembrato di sentire che qualcuno ha trovato la soluzione del rebus! Eccola qui:

La risposta giusta è:
il NARVALO!

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Lo conoscevate? È un animale davvero curioso, che vive nel Mare Artico, su su, vicino al Polo Nord. È molto timido, però, non si fa vedere facilmente. Anche perché adora nuotare proprio sotto le acque coperte dai ghiacci.
Ma torniamo al nostro rebus: beluga + unicorno, okay, ci potete arrivare anche da soli ora che l’avete visto… ma che c’entrano l’albero e la macchina del tempo? Se avete un po’ di pazienza, ora vi spiego tutto.

1. Sia il narvalo sia suo cugino il beluga sono CETACEI

Cioè non sono pesci, come non lo sono le balene e i delfini. Vivono nel mare e hanno le pinne, è vero, però non hanno le branchie, che gli permetterebbero di catturare l’ossigeno dall’acqua, ma hanno i polmoni, come noi, quindi per respirare devono emergere ogni tanto in superficie. E poi sono MAMMIFERI: non depongono le uova come i pesci, ma il piccolo nasce direttamente dalla mamma.

2. Il soprannome del narvalo è: UNICORNO DEL MARE

Il motivo di questo soprannome si capisce da solo. Solo che quel corno a spirale che il narvalo ha sul muso… NON è un corno: è un DENTE. Una lunghissima zanna che sporge fuori dalla mandibola e che può essere lunga quasi 3 metri! E il bello è che ancora gli scienziati non sono sicurissimi della sua funzione: non sembra che i narvali lo usino per cacciare, anche perché altrimenti dovrebbero averlo anche le femmine (invece ce l’hanno solo i maschi). Forse, invece, è un po’ come la ruota del pavone: i maschi lo esibiscono quando vogliono conquistare l’innamorata 

© Wikimedia Commons – Dr. Kristin Laidre, Polar Science Center, UW NOAA/OAR/OER

3. L’età dei narvali si conta come quella degli alberi

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Chi sa come si fa a conoscere l’età di un albero? Basta contare gli anelli che si vedono dentro il tronco quando lo tagli. Ogni anno, infatti, il tronco si ingrossa di un anello. Lo stesso succede al dente del narvalo: ogni anno cresce di uno strato, e questo, come vedremo, si sta rivelando preziosissimo per gli scienziati…

4. Il dente del narvalo è una MACCHINA DEL TEMPO

Il dente del narvalo non solo aggiunge ogni anno un nuovo strato, ma in ogni strato rimangono “immagazzinate” tantissime informazioni sulla vita del narvalo in quell’anno: che cosa ha mangiato, se è stato bene, dove ha nuotato… e, di conseguenza, ci dà informazioni anche sull’ambiente in cui vive. Se pensi che un narvalo può vivere fino a 50 anni, analizzando il suo dente possiamo conoscere com’era il suo habitat 50 anni fa… come se, appunto, viaggiassimo indietro nel tempo!

Ce lo dicono anche i narvali: i ghiacci si stanno sciogliendo!

Un gruppo di scienziati lo ha fatto: ha analizzato il corno di 10 narvali, ricavando informazioni sui mari dell’Artico tra il 1960 e il 2010… e purtroppo le notizie non sono buone:
• Gli scienziati hanno notato che i narvali hanno cambiato la loro dieta e le loro zone di caccia, e questo è successo perché hanno cercato di adattarsi allo scioglimento dei ghiacci, che è diventato sempre più rapido.
• Nei corni dei narvali sono state trovate tracce sempre più evidenti di metalli pesanti, cioè sostanze tossiche causate dall’inquinamento.

Avere a disposizione dati ambientali che riguardano un periodo così lungo è davvero raro per gli scienziati: speriamo che ci aiutino a capire meglio quanto velocemente i ghiacci si stanno sciogliendo e le conseguenze di questo fenomeno sull’ecosistema artico… per correre ai ripari!

Due narvali nuotano vicino alla banchisa polare © Wikimedia Commons – Paul Gierszewski

Vuoi saperne di più?

Il corno ci parla con la chimica

Quando si parla di dati immagazzinati, viene subito in mente il computer. In realtà nel caso del corno del narvalo il linguaggio usato dalla natura è diverso: ci parla con la chimica. Gli scienziati, in particolare, hanno cercato tracce di 3 elementi chimici: mercurio, carbonio e azoto. Loro sanno che:
• se c’è tanto carbonio, significa che il narvalo ha vissuto soprattutto vicino alle banchise di ghiaccio (quindi cibandosi dei pesci che trovano lì il loro habitat); se invece è basso, significa che ha trascorso più tempo in mare aperto (quindi cibandosi di altre specie di pesci)
• la quantità di mercurio ci indica che posizione occupa il narvalo nella catena alimentare (cioè la catena di chi mangia chi): più mercurio si trova, più in alto sta quell’animale, perché ogni volta che un animale ne mangia un altro, si “mangia” anche il mercurio che contiene (quindi i predatori più grandi ne hanno di più perché accumulano tutto quello contenuto nelle piccole prede che mangiano)

Una dieta… poco equilibrata

Studiando i corni, gli scienziati hanno notato che più o meno dal 1990 i narvali hanno cambiato dieta: al posto di pesci, come il merluzzo artico, che vivono nelle acque coperte dai ghiacci, hanno iniziato a cibarsi di pesci più piccoli che vivono in mare aperto. Sono stati costretti a farlo: questo cambio di abitudini coincide infatti con gli anni in cui si è registrata una forte riduzione dei ghiacci polari. 
Bravo il nostro amico narvalo, che si è adattato… ma a che prezzo? Non solo i ghiacci rappresentano per questa specie una protezione contro predatori più grandi, come le orche, ma i pesci di cui si ciba ora sono più piccoli, meno ricchi di nutrienti e soprattutto grassi… e il grasso è importante per proteggersi dal freddo!
Ma gli scienziati hanno notato qualcosa di ancora più strano… e preoccupante.

© Shutterstock

Da dove viene tutto questo mercurio?

Le prede più piccole contengono anche meno mercurio, per cui, da quando hanno cambiato dieta, anche i narvali dovrebbero averne di meno. E invece no. Dagli anni 2000 la quantità di mercurio nel corno è aumentata, e di tanto. Brutta cosa, perché il mercurio è una sostanza tossica per l’organismo, e il narvalo non può nemmeno ricorrere al trucchetto degli orsi polari che se ne liberano immagazzinandolo nella pelliccia. Come si spiega? 
Facile: la presenza del mercurio non ha più una causa naturale legata alla dieta, ma una causa umana, legata all’inquinamento… che è arrivato tanto lontano da dove viviamo, fino al Polo (anche se non si è ancora certi di come succeda).

I narvali alleati della NASA

L’idea di farsi aiutare dai narvali per capire che cosa succede ai ghiacci in realtà l’aveva già avuta la NASA, che nel 2017 li ha “reclutati” per studiare il problema lungo le coste della Groenlandia, in regioni difficili da esplorare per l’uomo proprio per la presenza dei ghiacci… che invece non spaventano i nostri amici! Così, grazie a dei sensori attaccati al loro dorso, hanno trasmesso tantissime informazioni sulla salinità, la temperatura e la densità dell’acqua, che ci aiutano a capire quanto velocemente i ghiacci si sciolgono.

Curiosità

© Wikimedia Commons – Gryffindor

Nei secoli passati principi e re amavano creare le Wunderkammer, una parola tedesca che significa Stanze delle Meraviglie, in cui collezionavano oggetti veramente di ogni tipo, che potevano suscitare stupore e meraviglia in chi li osservava: tra questi c’erano molti denti di narvalo, che erano ritenuti… veri corni di unicorni!
Questa credenza antiscientifica oggi potrebbe tornare a vantaggio degli scienziati: i dati immagazzinati in questi denti “storici” potrebbero infatti fornire informazioni su periodi storici lontanissimi, aiutandoci a capire ancora meglio come è cambiato il nostro Pianeta.