Una giovanissima chef al fianco degli agricoltori filippini

Una giovanissima chef al fianco degli agricoltori filippini

12 Marzo 2021 0 Di Micaela

Ogni chef che si rispetti ha una sua idea di “cucina”, cioè dei sapori che vuole mettere nei suoi piatti e delle sensazioni che vuole far provare a chi li assaggerà. 
Ma tutti sono d’accordo su una cosa: uno dei “segreti” sono le materie prime, cioè gli ingredienti di base, quelli da cui si parte per creare un piatto. Le materie prime devono essere buone: e allora, ecco che vediamo grandi chef girare per i mercati alla ricerca dei pomodori maturi al punto giusto, del pesce più fresco, dei limoni più profumati. 
Lo sa bene anche Louise Mabulo, una giovane chef filippina che ha la passione dei fornelli fin da bambina: pensa che, a soli 12 anni, è arrivata quinta al programma MasterChef Junior del suo Paese. Mica male, no? Louise dice di conoscere una materia prima, in particolare, che è più buona di tutte le altre. Non ti svelo subito qual è, voglio provare a farti indovinare. Vediamo se la riconosci partendo dalla pianta… poi capirai perché. Pronto? Via.

Uhm, difficile capire di che albero si tratta, vero? Anche perché, ti do un indizio, non cresce in Italia. Nel nostro Paese non c’è il clima adatto, perché quest’albero ha bisogno di molto caldo e molta umidità, come succede appunto nel paese di Louise. Anzi, già che ci siamo, vediamo dove si trovano le Filippine:

Le Filippine sono uno stato insulare, cioè formato tutto da isole, che si trova in Asia (più precisamente nella regione detta Sud-Est asiatico)

Ma torniamo al nostro albero misterioso. Ora ti mostro i frutti, che quando sono maturi sono di un bell’arancio tendente al rosso. 

Sembrano dei palloni da football americano dalla forma, vero? Però non credo che tu li abbia mai visti, anche perché, ed ecco il secondo indizio, noi non mangiamo i frutti di questa pianta. 
Ne apriamo uno e vediamo che cosa contiene?

Ancora acqua? O fuochino? Guardiamo bene la foto. Il frutto, come ogni frutto, contiene i semi, che sono avvolti in una polpa bianca. Ma nella foto li vedi anche già puliti: sono quelli ovali, marroni. Ti suggerisce niente questo colore?  
Allora vediamo che cosa si ricava da questi semi, dopo averli essiccati (cioè fatti asciugare al sole), tostati e macinati…

TA-DAAA!!! Aspetta, come? No, non è l’albero del cioccolato… quello non cresce sugli alberi! È l’albero del cacao, con cui poi si fa il cioccolato. 
Certo, dirai tu, per forza Louise dice che questa materia prima è più “buona” delle altre… Ma non è solo una questione di gusto.

Un cacao buono in tutti i sensi

È arrivato il momento di conoscere meglio la nostra amica Louise e scoprire perché per lei il cacao è così speciale. Dobbiamo fare un passo indietro, nel 2016, quando, proprio il giorno di Natale, un super tifone colpì le Filippine, distruggendo le case e devastando le coltivazioni. La gente rimase senza niente da mangiare, e, cosa ancora più grave, senza i mezzi per procurarselo in futuro. 
È stato allora che Louise ha avuto l’idea del Cacao Project: ha distribuito agli agricoltori delle piantine di cacao, insegnando loro come coltivarle e come lavorare i frutti per ottenere i semi da vendere ai produttori di cioccolato. Ti sembra strano che abbiano pensato al cacao e non, per esempio al riso? Il motivo, come ti spiego sotto, c’è. E oggi, a distanza di 5 anni, si raccolgono i frutti (in tutti i sensi!) di questo progetto: gli agricoltori hanno una nuova fonte di guadagno per vivere, riescono a mandare i bambini a scuola, e la regione colpita dal tifone è stata riforestata piantando più di 80.000 alberi. Tutto in modo sostenibile.
Ora capisci perché per Louise il suo cacao è più buono di tutti gli altri? Perché non è solo buono da mangiare, ma è buono anche:
per le persone che lo coltivano
per l’ambiente dove cresce
Ora aspettiamo che facciano anche il cioccolato 😁 (non sto scherzando, Louise ci pensa davvero…)

Vuoi scoprire qualcosa in più su Louise e il Cacao Project?

Perché proprio il cacao?

Nel 2016 uno dei cicloni tropicali più violenti degli ultimi anni, il tifone Nock-ten, ha investito le isole delle Filippine al massimo della sua potenza, con venti che soffiavano a 260 km/h (il doppio della velocità a cui vai in autostrada). Il panorama che si è lasciato alle spalle era desolante: 5000 case danneggiate, 11.000 persone senza elettricità né cibo, l’80% delle coltivazioni spazzato via
La prima cosa a cui pensare era trovare del cibo: Louise si è data subito da fare sui social e sui media per raccogliere soldi e sementi da ripiantare. 
Ma bisognava pensare anche al futuro: cosa avrebbero fatto i contadini? Sarebbero stati costretti ad abbattere tutte le piante danneggiate? A vendere i campi? A trasferirsi in città per cercare lavoro? E cosa sarebbe successo al prossimo tifone?
Louise ha osservato, ha pensato, si è informata, e ha alla fine ha visto la soluzione. Era lì, davanti a lei: le piante di cacao che erano rimaste in piedi.

Una pianta resiliente…

Riso e palme da cocco erano le due colture più diffuse della regione di Bicol, e anche quelle più danneggiate. Le Filippine, per la loro posizione geografica, sono spesso colpite da tifoni, alluvioni, venti forti. Gli agricoltori locali vivono in un continuo stato di insicurezza, e non riescono a migliorare la loro qualità di vita: ci sono alluvioni che allagano i campi di riso, rendendolo invendibile, e venti fortissimi che spezzano le palme da cocco, rovinando i frutti e lasciando i contadini senza raccolto. 
Qualcuno coltivava già delle piante di cacao, ma in pochi, perché non avevano le conoscenze necessarie. Eppure quelle piante erano le uniche sopravvissute, perché avevano l’altezza giusta: non erano così basse come il riso da essere sommerse dall’acqua, né così alte come le palme da essere travolte ai venti. E nel giro di qualche settimana avevano recuperato tutte le foglie che avevano perso. Si erano dimostrate più resilienti al tifone.

… e produttiva

Informandosi, Louise ha capito che gli alberi di cacao potevano essere una specie di “salvagente” per gli agricoltori anche in futuro, perché:
• sono adatte al tipo di suolo della regione
• crescono velocemente, in soli 5 anni
• danno i frutti nel giro di 2-3 anni
• continuano a produrli per 25 anni
• il cacao viene pagato bene, quindi può dare un sostegno economico ai contadini nei momenti in cui non riescono a vendere al mercato gli altri prodotti
E così Louise si è tolta momentaneamente i panni da chef per avviare il suo Cacao Project.

Il Cacao Project

Louise, da brava chef, sa quanto è importante la catena che porta il cibo dalla terra fino alle nostre tavole, e quindi ha sempre avuto un rapporto diretto con i contadini da cui comprava le materie prime. Ma adesso era il momento di fare un passo in più: andare nei campi e sporcarsi le mani con la terra insieme a loro. Si è messa stivali, cappello di paglia ed è diventata anche lei un agricoltore (come, ancora oggi, si definisce con orgoglio). Non è stato facile convincere gli altri agricoltori della comunità a seguirla: molti erano scettici, perché Louise era una donna, e per di più era così giovane (17 anni!). Ma era anche molto determinata e, soprattutto, si sono resi conto che aveva più conoscenze di loro: alla fine più di 200 agricoltori hanno aderito al Cacao Project. 

Non solo cacao…

Louise sa bene che gli agricoltori non possono aspettare 5 anni prima di poter guadagnare qualcosa, quindi il Cacao Project, oltre alle piantine di cacao, fornisce anche i semi di colture che crescono più velocemente, come il bok choy (una specie di cavolo), l’okra, e le zucche.

In questo modo:
• i contadini hanno prodotti da vendere o da consumare durante tutto l’anno
• ora non si coltivano solo riso e cocco, ma varietà diverse di piante locali, e questo aiuta la biodiversità
• coltivare prodotti diversi mantiene il suolo fertile 
Inoltre le tecniche di coltivazione insegnate agli agricoltori sono rispettose dell’ambiente: per esempio, le foglie strappate o gli alberi abbattuti dai venti sono lasciati sul terreno, in modo che aiutino il suolo a rigenerarsi e arricchirsi.
E, soprattutto, al centro del progetto ci sono le persone: il Cacao Project sta aiutando molti agricoltori a uscire dalla povertà, dando loro un insieme di conoscenze e un giusto compenso. La speranza di Louise è che un giorno non abbiano più bisogno del Cacao Project perché saranno in grado di sostenersi sulle proprie gambe.

Il successo dell’iniziativa: tecnologia e bayanihan

Per Louise è stato fondamentale avere accesso a internet e a tutto quello che la rete poteva offrirle: conoscenze, corsi, contatti, tecnologie. Essere connessi con il resto del mondo è infatti, secondo l’Agenda 2030, uno dei passi fondamentali per costruire un futuro sostenibile (vedi Obiettivo 9).
Ma per Louise è stato altrettanto importante parlare con le persone, soprattutto quelle più anziane, che hanno esperienze, errori, successi da cui si può sempre imparare. 
E poi ci vuole collaborazione. Nelle Filippine c’è una parola per indicare questo senso di “far parte di una comunità”: bayanihan. Significa che ognuno condivide con gli altri, è aperto agli altri, si sente legato agli altri. Lo si è visto dopo il tifone, quando tutti si sono messi all’opera insieme, per liberare le strade, cucinare, ripulire, risollevarsi. Forse anche per questo si sono fidati di Louise.

Un progetto che guarda al futuro

Il Cocoa Project è nato come una risposta al tifone, ma si sta trasformando in qualcosa di più grande, tanto che l’ONU ha dichiarato Louise Champion of the Earth del 2019. È un “titolo” che viene dato alle persone che con le loro azioni stanno costruendo un futuro sostenibile. Il Cacao Project infatti:
• è un esempio di agricoltura resiliente, cioè in grado di affrontare il cambiamento climatico: in futuro l’aumento delle temperature renderà sempre più frequenti tifoni disastrosi come quello che ha colpito le Filippine, e quindi metterà a rischio la sicurezza alimentare di molte zone (Agenda 2030, Obiettivo 13 e Obiettivo 2
• ha ridato dignità agli agricoltori, che spesso nei Paesi in via di sviluppo sono guardati dall’alto in basso perché sono poveri e non istruiti. Invece, dice Louise, il loro ruolo è fondamentale, perché sono i “custodi” sia dell’ambiente sia delle nostre scorte di cibo: 

Alla fine, la questione dell’ambiente e del clima passa dritta dritta dal nostro stile di vita: nella nostra colazione, nel nostro pranzo, nella nostra cena. Dobbiamo accorciare la distanza che separa chi consuma da chi produce.

Louise Mabulo