Conoscere Falcone e Borsellino nella Giornata della Legalità

Conoscere Falcone e Borsellino nella Giornata della Legalità

23 Maggio 2021 1 Di Giorgia

Buona domenica a tutte e a tutti. Ieri ho fatto un giro in centro a Milano e, quando ho visto il telo bianco appeso all’edificio del Museo del ‘900, ho capito che era giunto il momento raccontarvi questa storia. A dire la verità è un po’ che ci penso ma, come dice il proverbio, “Non rimandare mai a domani quello che puoi fare dopodomani”… e così sono passati i giorni.
Oggi però non posso più rinviare perché è la Giornata della Legalità, cioè del rispetto delle leggi e delle norme che regolano la vita sociale, e per festeggiarla si è scelto il 23 maggio, una data che ha a che fare con i personaggi raffigurati sul telo bianco. Che sono i protagonisti della nostra storia.

Falcone e Borsellino: due nomi che si pronunciano insieme, come se fossero una parola sola, non c’è uno senza l’altro

Come dite? Sul telo non si vedono bene? Sì, avete perfettamente ragione. Infatti, per farveli conoscere, mi sono procurata la fotografia originale. Eccola.

Vi presento Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Qual è Paolo e qual è Giovanni? Provate a indovinare, io ve lo dico dopo. Non so come la vedete voi: a me suscitano subito simpatia, hanno due sorrisi irresistibili, si vede che non si danno delle arie, sono tranquilli, due amici che si divertono.

Amici, appunto: Giovanni e Paolo si sono conosciuti in parrocchia in un quartiere povero di Palermo (anche se loro due appartenevano a famiglie benestanti). Avevano tredici anni, Paolo era alto e con il naso pronunciato (avrete capito che è quello con la polo bianca), Giovanni un po’ più bassino ma molto abile con la palla, anche se preferiva il ping pong; si cominciò a giocare a calcio e i due si ritrovarono nella stessa squadra. Evidentemente affrontare un avversario fianco a fianco era il loro destino.

La Piovra, il mostro da sconfiggere

Poi le loro strade si divisero, ma si incrociarono all’Università di Giurisprudenza; una volta laureati, Paolo e Giovanni fecero i giudici in luoghi diversi e alla fine si riunirono definitivamente a Palermo. Qui c’era un potente nemico da combattere: la mafia. Quando si parla di mafia si parla di prepotenza, ricatti, pizzo (“se non mi dai X euro, ti distruggo il negozio”), ma anche rapine, omicidi, droga, violenze di ogni genere. Quindi azioni illegali, che se finiscono davanti a un giudice vengono punite. Quando si parla di mafia si parla anche di omertà, che significa: tu sai che una persona ha commesso un crimine ma non lo vai a spifferare alla polizia; o perché hai paura che il criminale se la prenda per te, oppure perché proprio lo vuoi proteggere.
Questa era la situazione: i mafiosi agivano quasi indisturbati, ricattavano la gente comune che, per paura, se ne stava zitta zitta.

Le due idee che Giovanni aveva ben fisse in testa

Giovanni capì due cose fondamentali:

  1. Che la mafia non era un insieme di gruppi autonomi, come si pensava prima, ma un unico mostro. Una piovra con tanti tentacoli che arrivano ovunque ma che sono tutti mossi da un’unica testa. Quando succedono crimini, bisogna collegarli fra loro e vedere dove portano. Infatti si parla di criminalità organizzata.
  2. Che l’unico modo per combatterla era lavorare in gruppo, affrontare contemporaneamente diversi “tentacoli”. Come sempre, lo sai anche tu dalla tua esperienza a scuola o nello sport o in qualsiasi cosa, due teste sono meglio di una, quattro occhi meglio di due: lavorare insieme permette di arrivare più lontano!

Troppo bravi, decisamente pericolosi

Nacque così un pool antimafia, un gruppo di magistrati che si aiutavano a vicenda e che furono così bravi da scovare in poco tempo centinaia di mafiosi. Anche con l’aiuto di un ex mafioso che si era pentito: Tommaso, uno dei due Tommasi che nelle partite di ping-pong davano del filo da torcere a Giovanni in parrocchia!
Furono fin troppo bravi, e a qualcuno questo non piacque affatto: sotto la casa di Giovanni al mare fu ritrovato uno zaino pieno di dinamite… Ormai Paolo e Giovanni avevano la scorta, e vivevano nella paura. Lo sapevano benissimo: la mafia non perdona. Eppure continuarono nelle loro indagini.

Che cosa accadde 29 anni fa

Tardo pomeriggio, poco dopo le 17. Giovanni sta tornando da Roma con la moglie. All’aeroporto li attende la scorta pronta a partire. Via, come sempre gli spostamenti devono essere veloci. L’auto sfreccia verso Palermo, fila veloce sull’autostrada. All’improvviso, BOOOM! Si solleva una nube di polvere. La macchina, rovesciata, è a pezzi. Corpi a terra. Sirene di ambulanze. Giovanni muore all’ospedale, fra le braccia di Paolo, che era corso lì appena aveva saputo. Non si salva nessuno, né la moglie, né i tre uomini della scorta.
È il 23 maggio 1992. 57 giorni dopo, il 19 luglio, Paolo farà la stessa fine insieme a cinque ragazzi della sua scorta.

Un albero per il futuro

Un paio d’ore dopo la morte di Giovanni, la gente di Palermo si ritrova davanti alla casa del magistrato, come se si fosse data appuntamento. Sono tutti lì, in silenzio, come per dire “noi siamo qui, saremo testimoni, la mafia non ha vinto”. Il grande albero di ficus davanti all’abitazione viene riempito di biglietti in onore del magistrato.
Quest’anno 500.000 gemme di quell’albero saranno trapiantate in altrettante scuole italiane perché i ragazzi abbiano un albero più vicino su cui appendere i propri biglietti. L’iniziativa si chiama Un albero per il futuro. Un’altra buona ragione per piantare un albero!

Ma quindi? È stato tutto inutile? Nooo!

No. Innanzitutto molti mafiosi sono stati accusati grazie al pool, poi Falcone e Borsellino hanno scoperto come funzionava il meccanismo, aiutando chi ha indagato dopo di loro. E soprattutto, hanno mostrato che la mafia non è invincibile, che qualcosa si può fare; hanno dato un esempio di coraggio. “Non sono un eroe” diceva Giovanni. “Faccio solo il mio lavoro. Sono a servizio dello Stato e faccio il mio lavoro.” E diceva anche:

Gli uomini passano, le idee restano. E continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.

Giovanni Falcone

E aggiungerei “continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini, donne, ragazze e ragazzi, bambini e bambine”. Comprese le tue. Oggi, scoprendo qualcosa su Giovanni e Paolo, hai già fatto un grande passo.


Se vuoi, puoi appendere un lenzuolo al balcone o alla finestra che li ricordi, e comunque aprire bene gli occhi perché oggi ce ne saranno in giro. Oppure dare un’occhiata sui social: troverai molti post dedicati a loro.

Cara Ventitrentiana, caro Ventitrentiano, se vuoi, lascia un messaggio qui sotto nei commenti: lo attaccheremo all’Albero Falcone di VentiTrenta.


Scarica qui la scheda didattica.